| Vi porto l'esempio di alcuni esperimenti che dimostrano scientificamente l'esistenza della legge dell'attrazione
Esperimento 1:
Nel 1997 presso l’Università di Ginevra venne operato un esperimento su due fotoni legati tra loro. Entrambi furono inseriti in una macchina speciale che aveva il compito di separali fino ad una distanza di circa 14 miglia. Da questa prova si studiò un fenomeno chiamato “Entanglement” perché ciò che fu riscontrato era che entrambe le particelle, se pur a 14 miglia di distanza, continuavano ad agire come se fossero rimaste collegate, unite. Perché è il campo di energia che le mantiene collegate tra loro. Proviamo a pensare che l’universo che noi conosciamo, alle origini (secondo la teoria del Big Bang) era tutto un unico blocco di materia e non solo, un minuscolo granello di materia che sarebbe poi stato soggetto ad un’esplosione. A seguito di tale esplosione ed a vari cambiamenti subiti, che lo hanno separato e modificato fino a renderlo come noi oggi lo vediamo, possiamo affermare che, come per i due fotoni, ogni particella ed ogni essere, rimangono in connessione tra loro, grazie al campo energetico.
Esperimento 2:
Lo scienziato russo Poponiam prese un tubo di vetro e creò ciò che potremmo chiamare il vuoto (ma che di fatto sappiamo non essere tale). Successivamente a questa operazione riscontrò che, infatti, l’interno del tubo non era esattamente vuoto ma si poteva verificare la presenza di fotoni disposti in modo casuale. L’idea era quella di inserire il DNA umano all’interno del tubo e di studiarne gli effetti. Ciò che avvenne fu incredibile: i fotoni, disposti in modo disordinato e casuale, si allinearono all’elica del DNA in modo speculare! Ma non solo, una volta estratto il DNA dal tubo i fotoni rimasero nella stessa esatta posizione, comportandosi come se il DNA fosse ancora presente. Da ciò si deduce che l’essere umano è in grado, grazie alla presenza del suo DNA, di modificare la realtà circostante. Tale strepitoso risultato, venne catalogato come “Phantom DNA” (DNA Fantasma).
Esperimento 3:
La ricerca ha dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che le emozioni esercitano un'influenza diretta sul funzionamento delle cellule del corpo umano12. Nel '900 alcuni scienziati che collaboravano con l'esercito U.S.A. svolsero una ricerca per verificare se il potere dei sentimenti continua ad avere un effetto sulle cellule viventi, in particolare sul DNA, anche quando quelle cellule non fanno più parte dell'organismo umano. In altre parole, quando vengono prelevati campioni di tessuto le emozioni, di segno positivo o negativo, influiscono ancora su di essi? Il sapere convenzionale presumerebbe di no. Seguendo una linea di pensiero tradizionale, i tessuti, la pelle, gli organi o le ossa, una volta rimossi dal corpo umano, non dovrebbero avere più alcun collegamento con esso. Questo esperimento, però, ci dimostra che in realtà accade qualcosa di molto diverso. In una ricerca pubblicata sul periodico Advances nel 1993, l'esercito americano riferisce di aver condotto esperimenti per stabilire con precisione se il collegamento emozione/DNA permane dopo una separazione e, in tal caso, fino a quali distanze. I ricercatori hanno iniziato effettuando un tampone sui tessuti all'interno della bocca di un volontario. Il campione è stato isolato e portato in un'altra stanza dello stesso edificio, dove si è cominciato a studiare un fenomeno che secondo la scienza moderna non dovrebbe esistere. In una cavità appositamente predisposta, sono state effettuate sul DNA delle misurazioni elettriche per verificare se rispondeva alle emozioni della persona da cui proveniva, cioè il donatore che si trovava in un'altra stanza, distante parecchie decine di metri. Al soggetto, sistemato nella sua stanza, è stata mostrata una serie di filmati videoregistrati. Le immagini erano concepite per creare stati emotivi istintivi nel suo organismo, per mezzo di temi che spaziavano da realistiche riprese fatte in tempo di guerra, fino a immagini erotiche e situazioni comiche. L'idea era di far provare al soggetto una serie di emozioni vere in un breve lasso di tempo. Mentre le provava, in un'altra stanza veniva misurato il tipo di risposta che dava il suo DNA. Quando le emozioni del soggetto toccavano alti o bassi “picchi” emotivi, le sue cellule e il suo DNA producevano nello stesso momento una forte risposta elettrica. Sebbene il soggetto e i suoi campioni fossero stati collocati a varie decine di metri di distanza fra loro, il DNA si comportava come se si fosse trovato ancora fisicamente in contatto col corpo del soggetto.
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